Il consiglio comunale ha approvato oggi la mozione presentata dal capogruppo PdL Marco Stella per intitolare una stanza di Palazzo Vecchio alla figura dell’ex sindaco di Firenze Lando Conti, assassinato dalle BR il 10 febbraio del 1986. Di seguito il testo dell’intervento in aula da parte di Stella, e la mozione a sua firma.

(fdr)

Un cittadino che faceva politica, un esempio per i giovani.

“Accetto questo incarico con umiltà ma anche con coraggio, con decisione, ma senza presunzione, e credo che questo Consiglio e la città abbiano un preciso bisogno di rilancio morale, politico e culturale. Sono dell’opinione che nei prossimi mesi sia meglio andare di più nella città e non limitare il dibattito al Palazzo”.
Con queste parole il Sindaco Lando Conti apriva il saluto che egli rivolse al Consiglio Comunale il 18 Aprile 1984 che lo eleggeva Sindaco di Firenze; continuava sempre parlando al Consiglio: «abbiamo posto come primo punto la questione morale: la difenderemo perché questione morale vuol dire anche difesa della certezza del diritto».
Questa era parte del programma del Sindaco Conti; nel suo programma si poteva percepire l’arte del buon governo ed i principi su cui fondare la propria azione.
Alle cinque del pomeriggio del 10 febbraio 1986, in via Faentina, un gruppo delle Brigate Rosse fece fuoco diciotto volte con una calibro 7,65 stroncando la vita di un uomo ancora giovane, che fino a pochi mesi prima era stato Sindaco di Firenze, di un uomo che era anche un marito e un padre affettuoso.
Lando Conti quel giorno stava venendo in Palazzo Vecchio per partecipare ad una seduta del Consiglio Comunale.
Sono passati 26 anni da quel tragico delitto ed ancora a pensarci oggi sembra impossibile.
L’immagine di Lando con il capo reclinato sul volante della sua auto non potrà mai essere cancellata per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo o semplicemente per chi ha apprezzato la sua azione politica, e niente potrà mai cancellare l’orrore per quel delitto.
Colpire Lando Conti significava colpire un uomo simbolo del Partito Repubblicano , molto vicino con l’allora Ministro della Difesa Giovanni Spadolini, significava anche colpire la linea dell’intransigenza del Partito Repubblicano verso il terrorismo.
Lando Conti fu ucciso anche per la sua presunta diretta attività nel campo delle armi, una sua piccola partecipazione nella fiorentina Sma, ereditata dal padre, che si occupava di produzione di radar militari e civili, bastò per definirlo “mercante di morte”.
Lando Conti incarnava il coraggio della politica, come quando si recò da Sindaco in una sala del tribunale per incontrare i dissidenti di Prima Linea, ai quali disse:
“la Repubblica perdona in omaggio alle leggi della giustizia che ci anno consentito di vincere il terrorismo, senza mai venir meno alla libertà, ma non dimentica”,
questa sua scelta apparve una sfida alle Brigate Rosse.
Era il richiamo alla non violenza, la linea della fermezza unità alla capacità del perdono, l’amore per le istituzioni a fare paura alle Brigate Rosse, la sua passione per la politica trasformò Lando in un bersaglio.
Lando Conti incarnava il ritratto del perfetto amministratore, onesto, sempre attento ai bisogni della collettività che amministrava, era uomo del dialogo e di profonda sensibilità istituzionale, sempre nel suo discorso di insediamento evidenziò come “ le opposizioni hanno doveri e diritti e che la maggioranza deve garantire l’esercizio pieno di questi diritti” .
Lando Conti era il Sindaco del dialogo, che parlava e ragionava più che come un politico di professione, come un cittadino che fa politica, che credeva nella certezza del diritto, nella tolleranza e nel corretto agire sino ad affermare il primato della morale ad ogni livello.
Per questa coerenza ha pagato il prezzo più alto, quello della vita”.